domenica 4 agosto 2013

Omelia dell'Arcivescovo per il 60° dell'istituzione dell'Ente Friuli nel Mondo




Celebro con gioia questa S. Messa nella nostra Cattedrale ricordando il 60° anniversario dell’istituzione dell’Ente Friuli nel Mondo. Abbraccio nella preghiera tutti i friulani soci di questa benemerita istituzione, sia i viventi che i defunti.
Ringrazio il presidente e i suoi collaboratori per aver voluto mettere al centro delle iniziative, promosse per questo prestigioso anniversario, la S. Messa nel giorno del Signore e in Cattedrale che è il simbolo della nostra grande tradizione cristiana germogliata ad Aquileia.
Questa scelta è in perfetta sintonia con i principi ispiratori che hanno dato vita ad Ente Friuli nel Mondo. 60 anni fa, nell’immediato dopoguerra, in Friuli l’emigrazione divenne un movimento di massicce proporzioni e la terra madre friulana sentì il dovere di accompagnare i propri figli che, spinti dal bisogno, affrontavano spesso l’ignoto.
Cercò di accompagnarli con iniziative concrete di tutela della vita, del lavoro, dei legami con i propri cari rimasti in Friuli. Presto, però, si intuì che gli emigranti dovevano essere aiutati anche a conservare la fede, la cultura e i valori che avevano ricevuti in famiglia, in parrocchia, nel paese. In essi, infatti, potevano trovare forza e speranza dentro le situazioni di precarietà in cui si trovavano a vivere e a lavorare.

Anche per questi nobili scopi spirituali, morali e culturali si costituì Ente Friuli nel Mondo. Ad esso si mostrò attenta e pronta a collaborare la Chiesa diocesana e i vescovi si distinsero il questa attenzione agli emigranti e nel sostengo al nuovo Ente che nasceva. Credo vada, doverosamente, ricordato mons. Nogara negli ultimi anni del suo episcopato e poi mons. Zaffonato, seguito da mons. Battisti e da mons. Brollo.

D’altra parte, l’attenzione pastorale agli emigranti era già viva nella nostra Arcidiocesi. Ricordo solo che al tempo di mons. Nogara c’erano una cinquantina di sacerdoti che si erano resi disponibili a seguire gli emigranti in Europa. In un tempo in cui erano numerosi i sacerdoti, alcuni si rendevano spontaneamente disponibili a seguire le sorelle e i fratelli che dovevano abbandonare il paese e la terra natale per cercare fortuna in nazioni lontane. Questa è una pagina di storia che fa onore ai sacerdoti di Udine che, con l’animo dei buoni pastori, seguivano le pecore che andavano altrove.

Questa disponibilità a farsi missionari tra gli emigranti si estese ad orizzonti più vasti. Pensiamo ai nostri sacerdoti che accompagnarono gli emigranti in Argentina agli inizi degli anni ’70 per tenere vive tra loro le radici di fede e di vita cristiana alle quali erano stati educati fin da piccoli. Nacque così, ad esempio il Santuario di Castelmonte che tuttora è animato da un nostro sacerdote.

Mi sono permesso di fare questi sintetico ricordo dell’attività missionaria di tanti nostri sacerdoti tra gli emigranti – friulani e non solo – per non dimenticare quanto la Chiesa friulana ha avuto a cuore i suoi figli che partivano per paesi lontano e ad essi ha inviato pastori per animarli e sostenerli nella fede e nei valori imparati da piccoli.
In questo suo impegno ha sempre stata vicina ai “Fogolars furlans” e alle “Fameis furlanis” e ha collaborato con l’Ente Friuli nel Mondo che si proponeva di coordinare queste benemerite associazioni.

Ora i tempi sono molto cambiati. Grazie alle veloci forme di comunicazione il mondo è diventato più piccolo per cui è diversa la condizione dei friulani che vanno all’estero per motivi di lavoro o di studio.
Siamo poi, da qualche decennio, dentro un nuovo fenomeno: il Friuli, come altre regioni italiane, è diventato terra di immigrazione. Devo dire che la nostra gente e le nostre comunità si stanno rivelando capaci di accoglienza disponibile e generosa. Contribuisce a ciò, anche, il ricordo dell’esperienza di emigranti vissuta in prima persona o sentita raccontare dai propri nonni e genitori.
Tanti, però, sono i passi che siamo chiamati a fare per raggiungere una vera integrazione tra diverse culture e religioni e non solo un buon vicinato.

Non è finito, quindi, il tempo dei migranti e non finirà mai perché sempre si sono spostati e si sposteranno gli uomini e le popolazioni. E incontrandosi possono arricchirsi reciprocamente non solo scambiandosi i beni materiali ma anche i valori che custodiscono nell’anima. A questi valori ci ha richiamato Gesù nel Vangelo parlando di un uomo che aveva accumulato una fortuna economica ma non si era arricchito davanti a Dio nella sua anima.

Ente Friuli nel Mondo era nato anche per mantenere vivi nei friulani emigranti i valori dell’anima: la fede, la cultura e la lingua, la famiglia, i principi morali.
Questo resta un compito di assoluta attualità sul quale tutti dobbiamo confrontarci: Chiesa, istituzioni politiche, associazioni varie. Non fanno parte del bene comune solo il benessere economico o la salute, pur importantissimi. Abbiamo visto nello straordinario appuntamento delle Giornata Mondiale della Gioventù, con Papa Francesco, quanto per i giovani siano un bene comune i valori spirituali. Su di essi possiamo capirci tutti pure nella differenza di razze e di culture.

Judìnsi a tignîju vîfs e, in chest, la Glesie furlane e vûl jessi, tant che pal passât, in primi linie e vierte al dialic cun ducj. Jê e manten la grande tradizion cristiane di Aquilee, che e je vive e atuâl ancje pe nestre gjenerazion.
(Aiutiamoci a tenerli vivi e, in questo, la Chiesa friulana vuol essere, come in passato, in prima linea e aperta al dialogo con tutti. Essa custodisce la grande tradizione cristiana di Aquileia che è viva e attuale anche per la nostra generazione).

mons. Andrea Bruno Mazzocato
Arcivescovo di Udine

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